lunedì 16 marzo 2015

STADIO DELLA ROMA: DENUNCIATO IL COMUNE DI ROMA



Il Comune di Roma è stato denunciato. Avrebbe commesso, nell’iter procedimentale sul nuovo Stadio della Roma, gravi delitti contro la fede pubblica, in particolare quelli previsti dall’art.479 (Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici) e dall’art.480 (Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in certificati o in autorizzazioni amministrative) del codice penale. Non si tratta più dunque di un esposto, ma di una denuncia/querela che il 12 marzo scorso l’Avv. Savino Guglielmi, incaricato da LabUr, ha depositato presso il Tribunale Ordinario di Roma (Ricezione primi Atti, n.72607). Ora sarà la giustizia ordinaria a valutare se poteva il Comune di Roma procedere nella dichiarazione di pubblico interesse ai sensi della lettera a), comma 304, art.1 della legge n.147/2013, meglio conosciuta come ‘Legge sugli Stadi’. Il termine dei 90 giorni, entro cui doveva il Comune esprimere il pubblico interesse, non è stato rispettato, sia nel caso della delibera di Assemblea Capitolina n.132 del 22 dicembre 2014, sia nel caso della dichiarazione a mezzo stampa della Giunta Capitolina in data 5 settembre 2014. La proposta di realizzare il nuovo Stadio della Roma in località Tor di Valle è stata infatti presentata dalla Eurnova s.r.l. al Comune di Roma in data 29 maggio 2014 con protocollo n.82424. A nulla è valsa l’ostruzione del Comune di Roma di non far pubblicare presso l’Albo Pretorio la delibera. Dopo numerose richieste di Accesso Civico da parte di LabUr e la conseguente pubblicazione, si è finalmente potuto procedere per vie legali contro quella che a tutti gli effetti è una pura e semplice speculazione edilizia.

Tratto sa LabUr - Laboratorio di Urbanistica. L'intero articolo con relativa documentazione al seguente LINK

lunedì 2 marzo 2015

Lo Stadio della Roma e il "Nightmare Breakfast"



A Milano, presso la Camera di Commercio Statunitense in Italia, durante un Power Breakfast, James Pallotta, conosciuto negli Stati Uniti come il maestro dei fondi di investimento, ha detto chiaramente che cerca finanziatori e li cerca dovunque, tra gli autotrasportatori e tra gli intrattenitori, tra i consulenti finanziari e tra i gestori di carte di credito. Purché siano giganteschi. Gli servono soprattutto per finanziare la costruzione dello stadio con il contorno di opere pubbliche e aree commerciali. Un’impresa da almeno 700 milioni di euro, forse anche un miliardo. E chi c’era ad ascoltarlo a parte il Console Americano? I vertici di Coca- Cola Italia, Ibm Italia, Carlsberg Italia, Walt Disney Italia, Brooks Brothers, United Venture, Ups Italia, Dhl Express Italy, Banca Popolare di Milano, Italtel, American Express, Amway Italia. Tutto questo mentre in Tribunale si teneva la nuova udienza per il fallimento della Sais, che ha venduto l’area del futuro impianto di Parnasi, lo Stadio della Roma a Tor di Valle.
Più che un Power Breakfast, è stato un Nightmare Breakfast perché l'operazione rischia di saltare e chissà se Pallota glielo ha detto ai Big presenti a Milano. Nel frattempo però si è già votato in Consiglio Comunale l’interesse pubblico dell’opera per accedere alla procedura semplificata che la legge sugli stadi consente, in assenza di proposta e contro ogni principio di cautela.
Poi si passerà a discutere del progetto, delle varianti al Piano Regolatore, degli espropri, delle finte opere pubbliche. Insomma, per ora il nulla di fatto. Il Comune ha riconosciuto che la proposta (non il progetto) di Parnasi ha un interesse pubblico (molto discutibile). Ora si dovrà discutere delle opere di pubblica utilità con i conseguenti espropri.

Che cosa sta accadendo in Tribunale?
Come ci informa RomaPost, si tratta della seconda udienza relativa al fallimento della Sais, società di Gaetano e Antonio Papalia, che ha venduto alla Eurnova di Luca Parnasi gran parte dell’area dove dovrebbe sorgere il nuovo stadio della Roma a Tor di Valle. L’udienza assume un’importanza particolare perché il fallimento della Sais, in base all’articolo 67 della legge fallimentare, potrebbe portare come estrema conseguenza anche all’annullamento della vendita (per 42 milioni) a Parnasi del terreno di Tor di Valle, con effetti disastrosi per il progetto del nuovo stadio giallorosso, che salterebbe o, nella migliore delle ipotesi, accumulerebbe ritardi di anni. Altra eventualità è lo scioglimento del contratto, anch’essa dannosa per l’operazione, prevista dall’articolo 72 della legge fallimentare.
Richieste dei creditori per una somma di 18 più 35 milioni. La prima udienza, il 10 dicembre scorso, è stata fermata da un’eccezione pregiudiziale presentata dai legali di Anna Maria Papalia, che oltre a essere uno degli azionisti proprietari della Sais, è anche tra i due maggiori creditori (l’altro è Equitalia, che chiede 9 milioni di euro). I creditori privilegiati, tra i quali ci sono la Banca di Credito Cooperativo e la Cassa di Risparmio di Rieti, chiedono 18 milioni di euro alla Sais mentre i creditori chirografari ne vorrebbero 35. Di contro il curatore fallimentare ha proposto 14 milioni per i creditori privilegiati e soltanto un milione e mezzo per gli altri creditori della società dei Papalia. La decisione finale spetterà al giudice Umberto Gentili. Sono 69 in totale i soggetti che chiedono soldi alla Sais. Il magistrato dovrà anche valutare se il prezzo di vendita di 42 milioni per Tor di Valle sia congruo e se le garanzie di Parnasi, che finora non hanno convinto (mancano le fideiussioni bancarie), tutelino i creditori della Sais. In caso di annullamento della cessione a Parnasi, il terreno sarà venduto all’asta fallimentare. Sulla vicenda della vendita e del fallimento sta indagando da alcuni mesi anche la procura di Roma.

paula de jesus per USARoma1.0

venerdì 27 febbraio 2015

Tor di Valle, gli urbanisti: «Cubature triplicate rispetto al consentito»



IL SEMINARIO
Il progetto del nuovo stadio a Tor di Valle «prevede edificazioni tre volte superiori rispetto al consentito». E il Comune «ha applicato in modo errato la concessione del contributo straordinario» in favore dei privati. Questo in sintesi il contenuto del dossier presentato ieri dall’Istituto nazionale di Urbanistica a un incontro organizzato dall’Aiit (Associazione ingegneria del Traffico e dei Trasporti) sul progetto di Pallotta e del costruttore Parnasi. «Si parla tanto del nuovo stadio della Roma - ha spiegato Domenico Cecchini, presidente regionale dell’Inu - ma in realtà siamo davanti a una grande operazione immobiliare che per quattro quinti andrà a costruire 3 grattacieli alti fino a 220 metri destinati a uffici e negozi». Lo studio di fattibilità, ha spiegato il presidente degli urbanisti, prevede che solo il 14% dei metri quadri sia destinato all’impianto sportivo (49.000 mq) mentre l’86% (305.000 mq) è riservato a uffici e negozi.
«ECOMOSTRO»
Come rilevato anche dai tecnici della Regione, il progetto prevede una «triplicazione delle superfici edificabili». Il Piano regolatore comunale del 2008 infatti parlava chiaro: «In quell’area di Tor di Valle - ha sottolineato Cecchini - la capacità edificatoria massima era di 112mila metri quadri, da destinare peraltro a un Parco divertimenti per bambini». Lo studio di fattibilità di Parnasi e Pallotta invece ha previsto di edificare «il triplo del consentito», vale a dire 345mila metri quadri. Una colata di cemento da destinare per quasi il 90% a opere che con lo sport non c’entrano nulla: uffici, negozi, ristoranti e alberghi. Le tre torri che Legambiente ha ribattezzato «Ecomostro».
Ma questa triplicazione delle cubature che il Comune ha avallato a dicembre, approvando la «dichiarazione di pubblica utilità» dell’opera, secondo l’Inu è avvenuta «attraverso una errata applicazione del “contributo straordinario”, la regola stabilita dal Piano regolatore in base alla quale il 66% dei plusvalori immobiliari generati da una trasformazione devono tornare alla città attraverso infrastrutture pubbliche». Con queste risorse, stabilisce il PRG, si devono realizzare opere che migliorino la vita dei cittadini. «Invece nel caso di Tor di Valle - spiega l’Inu - le opere previste, soprattutto di trasporto, servono solo a far arrivare gli spettatori allo stadio e a rendere accessibile il Business Park di uffici e negozi». Insomma, «sono utili sempre e solo ai privati, non tanto ai cittadini».
Del piano Mobilità di cui si è discusso ieri nell’incontro dell’Aiit, ha parlato anche il coordinatore della parte trasportistica del progetto Tor di Valle, Francesco Filippi, spiegando che i privati si occuperanno solo del «prolungamento della metro B a Tor di Valle e non del potenziamento della Roma-Lido».
(Lorenzo De Cicco - Il Messaggero)

martedì 20 gennaio 2015

Accordo Stadio della Roma: c.v.d.

Ecco i primi frutti dell'accordo sulla stadio della Roma. Emergono i veri sostenitori dei 'progetti urbanistici' della città di Roma: BNP Paribas Real Estate. Una banca e un costruttore, Parnasi con l'attiva partecipazione dell'Assessore Giovanni Caudo e del Sindaco Ignazio Marino.

LINK

martedì 13 gennaio 2015

PERCHE' PAGHEREMO IL NUOVO STADIO DELLA ROMA



La vicenda della costruzione dello stadio della Roma calcio ha concluso il suo primo tempo, per restare nell’ambito calcistico, con la decisione presa dal Consiglio comunale di Roma di attribuire al progetto che prevede la realizzazione 1 milione e duecentomila metri cubi di cemento (Antonio Cederna avrebbe detto ’12 hotel Hilton di Monte Mario’) il “riconoscimento dell’interesse pubblico”. E’ stata una scelta adottata a maggioranza contro la efficace opposizione dei consiglieri del Movimento 5Stelle: una scelta democratica, dunque. Converrà attrezzarsi per il secondo tempo della partita in cui, finita l’ubriacatura ideologica della “grande opera”, si dovrà tornare con i piedi per terra e ragionare sul complessivo assetto della città e sulle caratteristiche del progetto.
Dal punto di vista del generale assetto della città, occorre ribadire che la scelta del sito di Tor di Valle è frutto esclusivo e ostinato del promotore: la società calcio Roma. La legge sugli stadi approvata dal Parlamento consente di costruire i propri stadi e come tale deve essere rispettata. Ma non obbliga le amministrazioni pubbliche ad essere supine rispetto ai voleri della proprietà fondiaria. Nessuna legge vietava che il sindaco Marino imponesse di costruire lo stadio in un altro quadrante della città, dove gli oneri di urbanizzazione dovuti per legge e i maggiori oneri dovuti alla contrattazione urbanistica, avrebbero prodotto un beneficio più ampio per l’intera popolazione romana. Né vale a titolo giustificativo la motivazione che non è previsto che sia il Comune a scegliere il luogo ma può solo esprimersi sul pubblico interesse della proposta del privato. In questo modo si spiana la strada alla disegno di legge del ministro Maurizio Lupi che si basa proprio sulla subordinazione delle amministrazioni pubbliche rispetto alla proprietà fondiaria. E non è certo questo il mandato ricevuto da Marino dai suoi elettori.
Ma pur di giustificare l’interesse pubblico dell’operazione, il sindaco Marino ha elencato i benefici che verranno alla città: il prolungamento fino all’area dello Stadio di una linea metropolitana; la costruzione di un nuovo ponte sul Tevere e la creazione di un parco di 34 ettari. E’ evidente che identiche opere avrebbero potuto portare un grande beneficio per qualsiasi altro quadrante delle città dove vivono centinaia di migliaia di romani e dove non esistono metropolitane e parchi. Perché, dunque, non si è scelto un altro quadrante? La risposta è che è stata accettata senza fiatare l’indicazione di Cushman e Wakefield, società immobiliare di caratura internazionale, che fu incaricata dalla Roma di trovare l’area per il nuovo stadio, come aveva denunciato il 20 aprile 2012 Gianni Dragoni sulle pagine del Sole 24 Ore. Insomma, il futuro della capitale d’Italia sta nelle mani di una grande società immobiliare controllata dalla finanziaria Exor (famiglia Agnelli) e di un esponente della finanza internazionale come James Pallotta.
Il sindaco Marino si vanta di essere è il più strenuo avversario dei poteri forti, ma purtroppo per lui e per la città, si è messo in ginocchio – indimenticabile a riguardo il suo viaggio presso gli uffici di Pallotta a New York nell’agosto 2014 – di fronte alle lobby. Non è una novità. Marino ha già delegato alla Cassa depositi e prestiti, come noto “potere debolissimo”, la trasformazione della preziosa area del Flaminio (ne parleremo nel prossimo post) e ha brindato insieme a Malagò, altro eterno volto dei poteri forti, per la candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2024. Con buona pace del sindaco, la sua amministrazione è il paradiso dei poteri forti.

Del resto, pur di mettere in ombra questo vulnus imperdonabile, si continua a sostenere “che l’amministrazione comunale non farà alcun investimento economico”. Credono ancora di prendere in giro i romani: le opere giudicate di interesse pubblico saranno realizzate attraverso l’esborso di denaro pubblico noto (gli oneri di urbanizzazione previsti dalla legge) e da altro denaro di proprietà pubblica derivante dai maggiori introiti dovuti agli aumenti di volumetria concessi. Si spenderanno dunque per opere utili solo e soltanto alla Roma calcio preziosi soldi pubblici.
E veniamo al merito del progetto per cercare di smontare il cumulo di bugie che sono state maldestramente costruite a difesa dello scempio. Ciò che dispiace dal punto di vista generale è che alla difesa della mura del Campidoglio siano stati arruolati anche associazioni che dicono di battersi per gli interessi della città, come ad esempio Carteinregola, ma ognuno sceglie la sua strada. Si afferma che non è vero che l’area sia in un deserto urbano ma “sta a ridosso del popoloso quartiere Eur-Torrino”. Questo quartiere si trova in realtà a cento metri di dislivello dall’area ed è da essa diviso da una invalicabile barriera morfologica costituita da una ferrovia e da due strade carrabili ad alta percorrenza. L’area scelta è un deserto urbano, punto e basta.
Si afferma poi che non è vero che vengano regalati 350 mila metri quadrati di cemento perché nell’area esistono altre volumetrie e il piano vigente prevede di realizzare 112 mila metri quadrati. Addirittura si afferma che “se si avvalesse del ‘Piano Casa’ potrebbe ulteriormente aumentarle e trasformare l’Ippodromo in appartamenti”. Ma quando mai! L’area è destinata a verde e attrezzature sportive: quelle volumetrie potevano essere realizzate per attività sportive, non per le più lucrose attività commerciali o per uffici. Riguardo al Piano casa è appena il caso di ribadire che non è applicabile alle zone di verde e attrezzature sportive. Pallotta riceve un gran regalo economico.
Terzo argomento, il più grave sotto il profilo della legalità, riguarda la questione sollevata da molti articoli di stampa che la società proponente non fosse titolare delle aree su cui si dovrà realizzare il progetto. Su questo punto Carteinregola afferma addirittura che “E’ un problema del privato, non del Comune. Se il privato non potrà più mantenere la proposta avanzata, automaticamente decadrà”. Decine di anni di rapporti tra pubblico e privato sepolti con disinvoltura: è noto infatti che amministrazioni pubbliche devono obbligatoriamente verificare la titolarietà della proprietà immobiliare del proponente. Altrimenti sarebbe il far west.
Occorre dunque iniziare a pensare collettivamente con la partecipazione delle associazioni che hanno a cuore il destino di Roma ad una differente localizzazione in modo da ottenere che gli interessi riconosciuti dalla legge alla società Roma calcio si sommino a quelli di centinaia di migliaia di romani che sono ancora privi di moderne linee di trasporto pubblico: con le centinaia di milioni sperperati per la felicità di Pallotta si possono costruire almeno due linee tramviarie che –oltre allo stadio- potrebbero portare sollievo ad una città in gravi difficoltà. E’ un’occasione irripetibile e la città sommersa dal fango della corruzione svelata dall’inchiesta Mafia Capitale, non può permettersi di delegare il suo futuro agli eterni poteri forti che l’hanno portata al fallimento che tocchiamo tutti i giorni con mano in termini di degrado e del quotidiano aumento delle tariffe e della cancellazione del welfare urbano ad iniziare dal trasporto pubblico.

(Paolo Berdini per Il Fatto Quotidiano)

venerdì 17 ottobre 2014

Tor di Valle, 5 indagati per bancarotta



LA SVOLTA
Ci sono cinque indagati per bancarotta fraudolenta nell’inchiesta della procura sulla vendita dei terreni su cui dovrebbe sorgere il nuovo stadio della Roma a Tor di Valle. E il rischio è che l’atto di vendita del terreno venga revocato in sede civile.
Al momento, le verifiche riguardano gli ex proprietari della società che possedeva il terreno, Antonio e Gaetano Papalia, fino a maggio dell’anno scorso ai vertici della Sais. Il pm titolare del fascicolo, Mario Dovinola, e il procuratore aggiunto Nello Rossi stanno cercando di capire se la vendita dei terreni da parte di Sais a Eurnova, la società capeggiata da Luca Parnasi che possiede l’area al 50%, nasconda una distrazione di beni ai danni dei creditori della stessa Sais, fallita con sentenza pubblicata il 22 maggio scorso. Il centro dell’inchiesta è proprio l’incrocio tra il fallimento della Sais e la vendita del terreno di Tor di Valle a Eurnova e quindi a Parnasi. L’atto con cui il 25 giugno 2013 Eurnova ha comprato il terreno dell’ex Ippodromo per 42 milioni di euro (77 a metro quadro) ha svincolato la società da tutti gli accordi che aveva preso con la stessa Sais negli anni precedenti e che prevedevano una clausola rescissoria qualora l’intesa con il comune di Roma per la trasformazione dell’area non fosse avvenuta entro il 31 dicembre 2013.

CAPARRA SOSPETTA

Versata la caparra di appena 600mila euro, Euronova è riuscita ad ottenere la modifica del contratto di compravendita. Nel nuovo accordo, stipulato a pochi mesi dal fallimento della Sais, Eurnova è di fatto proprietaria dell’area grazie alla sola caparra. Si impegna a versare 13 milioni di euro in rate mensili, ma senza collegarle ad alcuna garanzia o fidejussione. Mentre gli altri 21 milioni saranno versati solo in futuro, una volta che la convenzione con il Comune di Roma sarà effettivamente stipulata e dunque, stando a quanto riferiscono il sindaco Marino e l’assessore Caudo, a maggio 2015, quando dovrebbe essere ultimato il progetto dello stadio. Anche questo secondo pagamento, per la metà dell’ammontare complessivo, non è sottoposto ad alcuna garanzia e non viene fissata una data di scadenza oltre la quale l’accordo vincolato alla convenzione non sia più valido.


IL RISCHIO REVOCA

Posto che poco dopo questa intesa la Sais è fallita, il rischio è che è che il curatore fallimentare non sia in grado di garantire gli interessi dei creditori e chieda di revocare l’atto di vendita. Intanto, il pm ha delegato alla Finanza nuovi accertamenti.

(Sara Menafra - Il Messaggero)